martedì 4 marzo 2014

Claudia Toloni

Mi chiamo Claudia e quest'anno entrerò nell'anno dei trenta.
Nella vita ho una casa con le pareti colorate e i mobili bianchi, una gatta che mi dorme addosso, un lavoro che mi tiene alla scrivania dal lunedì al venerdì e uno smartphone dal quale non mi separo mai. Mi piacciono i dolci, l'aria di mare, i lunghi viaggi in macchina con la musica in sottofondo, le mappe per aiutarmi a trovare la strada, le coperte sui prati quando fuori c'è bel tempo e, proprio come i bambini, mi piace chi non dice bugie.



Mi regalarono la mia prima polaroid 600 quando avevo 8 anni. Ora potrei raccontarvi di come da quel giorno ho iniziato a scattare, ma la verità è che scattai giusto un paio di pacchi di foto e poi la macchina fotografica rimase per anni chiusa in un armadio. L'ho ritirata fuori da quell'armadio solo pochi anni fa, giusto nel momento in cui la Polaroid ha interrotto la produzione delle pellicole e nei negozi di fotografia si trovavano gli ultimi pacchi ormai scaduti e venduti a caro prezzo. Un po' come mi capita a volte nella vita pensavo di essermi mossa fuori tempo massimo. Invece per fortuna nella vita esistono i piani B, e nella fotografia ora esiste l 'Impossible Project. E io posso continuare a giocare.



Negli anni per me la fotografia è diventata soprattutto qualcosa di materiale e tattile.
Uno dei miei passa tempo preferiti da piccola era guardare per ore e ore, con un piccolo lettore portatile, le diapositive di papà. In casa ne avevamo cassetti pieni e il gesto di infilarle una ad una davanti alla luce per scoprire cosa rappresentavano, è qualcosa che mi ha sempre entusiasmato.
Anche le polaroid oggi rispondono a questo mio bisogno. In fondo le polaroid sono un oggetto fisico, posso tenerle tra le mani, giocarci, appenderle allo specchio per guardarle tutte le mattine prima di uscire, tirarle fuori dalla borsetta mentre passeggiamo per mostrartele divertita, appiccicarle su un biglietto di auguri, e posso anche perderle, proprio come qualcosa a cui tengo.
Sono pezzi unici; posso regalare alle persone a cui voglio bene per ricordargli che anche loro sono uniche.
Sono immediatezza nello sviluppo; non c'è bisogno di troppa attesa.
Sono sensibili alla luce; vanno protette come qualcosa di caro.
Sono piccole; vanno osservate da vicino.
E spesso sono imprevedibili; del resto mi piacciono le sorprese!



Nelle mie fotografie ci sono spesso parole non dette, esperienze vissute o quelle mancate, a volte i viaggi fatti con gli occhi, altre ancora i viaggi fatti con la mente quando i piedi restano fermi.
Qualche volta entro io stessa nelle mie fotografie, solitamente quando devo dire qualcosa di più intimo. Altre volte amo ritrarre le mie amiche e nell'ultimo anno ho iniziato sempre più spesso a scattare con ragazze che si divertono a posare per me. Anche non conoscendole, mi diverte provare a costruire insieme a loro dei progetti che piacciano a entrambe scegliendo dei temi, preparando dei look e scovando delle location.
Scattare è il mio modo per ricercare il bello che esiste nella realtà e per crearmi il mio mondo confortevole o come mi piace chiamarlo il mio spazio certo. Cerco anche di mostrarlo agli altri questo mondo, non sempre ci riesco, ma di certo non voglio smettere di provarci.



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